UNA PAROLA PER MILLE MUSICHE

La parola del mese: NASCITA

Prossimo appuntamento: sabato 12 dicembre

Oggi viviamo online ventiquattro ore su ventiquattro e non ci stupiamo più per la possibilità di comunicare in un secondo da una parte all’altra del pianeta. Il messaggio inviato adesso dal borgo più sperduto d’Italia può arrivare a Melbourne – in Australia! –  un attimo dopo. Le distanze temporali si sono accorciate. Ciò che una volta avremmo impiegato molte ore a trovare (pensate alle ricerche bibliografiche prima dell’invenzione del pc) adesso è alla portata di un click. In un mondo del genere l’attesa potrebbe risultare un po’ démodé. Attendere qualche cosa. Non il bus o il caffè al banco. Piuttosto qualcosa che non sappiamo nemmeno noi. É quella condizione in cui Montale ritrova un insuperabile gioia:

«…ma in attendere è gioia più compita» (Gloria del disteso mezzogiorno, in Ossi di seppia). 

I monaci benedettini, già al tempo della loro fondazione nel VI sec., sapevano bene cosa significasse vivere nell’attesa. Questo più che mai nel tempo di Avvento. Come si sa la regula benedicti scandiva la giornata tra preghiera e lavoro: quando non si trovavano nei loro scriptoria a copiare manoscritti, i monaci si riunivano nel coro a pregare cantando. Tutto il repertorio liturgico in ogni monastero d’Europa era tramandato a memoria da persona a persona (Guido d’Arezzo, lui stesso monaco che diede il nome alle note musicali, tentò alcune soluzioni come la notazione alfabetica e il monocorde per evitare di dover imparare a memoria centinaia di canti). 

guido d'arezzo

Guido d’Arezzo diede il nome alle note musicali, tentò alcune soluzioni come la notazione alfabetica e il monocorde

Dopo la sua ascesa al trono Carlo Magno (incoronato imperatore del Sacro Romano Impero la notte di Natale dell’800) volle esercitare meglio il suo dominio anche attraverso l’unificazione della liturgia e fece fissare per iscritto le melodie perché si cantassero ovunque nello stesso modo. Così nacque il canto gregoriano che l’imperatore del Sacro Romano Impero volle porre sotto gli auspici di papa Gregorio Magno (590-604).

Da quel momento la notazione musicale cominciò la sua storia perfezionandosi via via sempre di più nel corso dei secoli ed è giunta alla forma con cui noi la scriviamo oggi. Il canto gregoriano è un fenomeno spirituale e culturale affascinante che costituisce una tradizione ininterrotta da dodici secoli. Il musicologo Nino Albarosa lo tratteggia come l’esito di un amore per il latino, per la musica e per la bibbia. 

In particolare, alla metà del secolo scorso abbiamo assistito a un rinnovato interesse per la prassi esecutiva del canto gregoriano. Questo grazie anche all’opera del semiologo benedettino dom Eugène Cardine dell’abbazia francese di Solesmes, i cui canti furono diffusi in varie versioni discografiche. 

Durante l’anno liturgico la Pasqua e il Natale erano i tempi più significativi per la comunità monastica. Ogni parte della messa (Introito, Kyrie, Gloria, Graduale etc.) era eseguita con un canto monodico (una sola linea melodica) in modo da favorire la comprensione del testo. Naturalmente in latino la lingua ufficiale della Chiesa.

Foto scattata in occasione del Millenario di San Miniato al coro dei monaci dell’Abbazia (2018). Foto di Paolo Matteoni

Tra gli ascolti della nostra playlist ho inserito un’esecuzione dell’Ensemble Organum –gruppo di musicisti fondato nel 1982 nell’Abbazia di Sénanque in Provenza diretti da Marcel Pèrés e specializzati nella musica medievale – della Messe du Jour de Noël attribuita alla scuola di Notre Dame. Con quest’ultima ci spostiamo a Parigi nel XIII sec. In quel periodo le note si scrivevano sul tetragramma (quattro linee, diversamente dall’odierno pentagramma) e si annotava sulla pagina in quale degli otto modi (corrispondenti a scale che coprivano diversi ambiti di altezze) si dovesse intonare il canto e con quale scansione ritmica. A Léonin e Pérotin, rappresentanti della scuola di Notre Dame, si devono i primi scritti di musica polifonica. Il Viderunt omnes del magister Pérotin è l’organum triplum più famoso: il compositore alla vox principalis che enunciava l’antica melodia gregoriana ne aggiungeva altre due (duplum) o tre (triplum) per ornare ulteriormente il canto. 

Un altro genere di musica medievale è la lauda: un canto devozionale (del XIII-XIV sec.) in lingua volgare eseguito nelle confraternite laicali sorte collateralmente al nuovo tipo di testimonianza evangelica offerto dai nascenti ordini mendicanti, primo fra tutti quello di San Francesco. Allargando un po’ lo sguardo oltre la musica, infatti, non possiamo dimenticare che nella notte di Natale del 1223 San Francesco organizzò a Greccio (Rieti) una rappresentazione vivente della Natività (da cui oggi la tradizione del presepe). Scena che Giotto immortalò dipingendola nel ciclo degli affreschi della Basilica superiore di Assisi fra il 1295 e il 1299.

Felicita Pacini
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