Rita, ou Le mari battu
di Gaetano Donizetti
di Felicita Pacini
Prossimo appuntamento: 23 luglio
In apertura del 47° Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, l’orchestra La Filharmonie, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Macerata e Guido Levi Lighting Lab, porterà sulle scene del teatro Poliziano l’atto unico Rita di Gaetano Donizetti.
Composta nell’estate del 1841, Rita, ou Le mari battu, conosciuta anche con il titolo alternativo Deux hommes et une femme, è un’opéra-comique (dove i dialoghi parlati si alternano ai numeri cantati) che Donizetti scrisse per divertirsi e tenersi in esercizio nell’attesa di una nuova commissione da parte dell’Opéra di Parigi. Già da un decennio il compositore bergamasco aveva raggiunto la sua affermazione artistica nei maggiori teatri d’opera italiani, a partire dall’Anna Bolena del 1830, andata in scena al Teatro Carcano di Milano, passando dal successo scaligero di Lucrezia Borgia del 1833 fino all’opera romantica per eccellenza Lucia di Lammermoor, nata l’anno seguente dall’incontro con il librettista Salvatore Cammarano. Quanto detto serve solo per citare alcuni dei più celebri titoli della copiosissima produzione donizettiana. Nel 1838, anche in seguito a diversi lutti e disgrazie familiari, Donizetti decise di spostarsi a Parigi, dove già da qualche anno risiedeva il suo collega Rossini. Qui Donizetti si fece aprire le porte del Théâtre de l’Opéra con Les martyrs (tratta dalla precedente versione italiana del Poliuto), conquistò il teatro dell’Opéra-comique con La fille du régiment e, dopo un breve ritorno in patria e nella sua città natale, proseguì con la stesura del grand-opéra La Favorite.
L’opera che andrà in scena il 16 luglio al Teatro Poliziano di Montepulciano è un breve divertissement composto da Donizetti su ispirazione di un vaudeville (nell’Ottocento francese, genere di commedia d’intreccio leggero e brillante, con inserti cantati dagli attori) che probabilmente il librettista Gustave Vaëz aveva scritto apposta per lui. Il cast, ridotto all’essenziale con due personaggi maschili che ruotano intorno a quello femminile (Rita, Beppe e Gasparo, rispettivamente soprano, tenore e baritono), dà vita a un divertente intreccio nel quale si ironizza – e attraverso il riso si fa anche riflettere – sul rapporto moglie-marito e sul “costume” coniugale per cui dovrebbe essere il marito a picchiare la moglie, e non il contrario! Questo piccolo gioiello musicale del genere della farsa rimase nascosto nel cassetto fino al 7 maggio 1860, dodici anni dopo la morte di Donizetti, quando fu rappresentato a Parigi nel Théâtre de l’Opéra-Comique.
Gasparo è il primo marito di Rita che è fuggito dopo averla picchiata e abbandonata. Ora ritorna per cancellare ogni prova del precedente matrimonio e avere così via libera di sposare la nuova fidanzata. Rita, pensando che il marito fosse morto, si è risposata con Beppe che, questa volta, è lei a picchiare. Entrambi i mariti cercano di sbolognare questa moglie manesca e indesiderata sfidandosi al gioco della morra, alla paglia corta, passando per inganni e sotterfugi, fino ad arrivare al finale duello con le pistole. In conclusione, di fronte al rischio di perdere la vita e dopo che Rita gli ha confessato di schiaffeggiarlo solo per paura di essere battuta da lui, Beppe ammette il suo amore per la moglie e di voler restare con lei. Gasparo, invece, dopo aver distrutto l’atto di matrimonio e aver dettato a Beppe la ricetta di come i mariti dovrebbero trattar le mogli, se ne torna dalla sua bella canadese.
In questo lavoro, snello ma accattivante per la vivacità dell’argomento, risalta l’equilibrio musicale dato dall’assetto simmetrico di otto numeri cantati: un’aria per ciascuno dei tre personaggi, tre duetti, un terzetto e un finale. Tra questi mettiamo in evidenza l’aria iniziale di Rita, in cui vengono ripresi alcuni motivi del preludio, e, nella sezione finale, viene utilizzato un effetto comune alle arie delle prime farse italiane, in quanto la protagonista si rivolge alle donne del pubblico spiegando loro che la felicità coniugale è condizionata al fatto che il marito non abbia troppo cervello, proprio come il suo Beppe! Nell’esilarante duetto “Or mi vien un’idea”, in cui Beppe sfida Gasparo al gioco della morra, il motivo ricorrente è l’ironica osservazione che il perdente è il vincitore e le corrispondenti parole si applicano a un allettante tema in Mi maggiore che i due espongono prima separatamente poi a canone. Il linguaggio semplice ma autentico di questa farsa è bene illustrato nell’aria di Beppe “Allegro io sono, come un fringuel” in cui la gioia di essere di nuovo scapolo e libero come un fringuello sono espressi in forma di rondò. Le difficoltà legate a quest’aria consistono nella tessitura che si estende fino al Si sopra il rigo, raggiungendo, una volta, persino il Do diesis e nelle sue strofe contrastanti che richiedono una notevole finesse. Il finale con la coppia rappacificata che dice addio a Gasparo è reso con un seducente Mi maggiore in 3/8, ossia il tempo e la tonalità in cui Rita si era indirizzata al pubblico alla fine dell’introduzione.
Articolo di Felicita Pacini