“La Musica trae a sé li spiriti umani” (Convivio II, 24)Un breve resoconto sulla Divina Commedia come spunto d’ispirazione nella storia della musica
di Felicita Pacini
RASSEGNA DANTE 700
Prossimo appuntamento: sabato 2 ottobre
Nel corso di questo mese nel quale ricorre il settimo centenario dalla morte di Dante, avvenuta il 14 settembre 1321, la Camerata strumentale di Prato e l’Orchestra filarmonica di Firenze -La Filharmonie hanno promosso diversi eventi per celebrare un così importante appuntamento. Ormai siamo giunti quasi alla metà di questo ricco calendario di incontri, tra concerti, approfondimenti multidisciplinari, conferenze e dialoghi, e ci dirigiamo verso la sua conclusione che avrà luogo il primo ottobre alle ore 21 presso il Teatro Politeama di Prato, con il concerto finale e la premiazione del concorso internazionale di composizione sinfonica Dante 700.
Per Alberto Batisti, direttore artistico della Camerata e componente della Giuria, questo concorso rappresenta “uno sprone ad alzar le vele dell’ingegno per «correr miglior acque» e per trovare altre «sinfonie»” in quanto un’opera dal carattere universale ed enciclopedico come la Commedia può ancora ispirare i compositori contemporanei che hanno scelto di porsi dinanzi a un tale capolavoro e di continuare ad attribuirgli nuova vitalità in campo musicale. Ho utilizzato il verbo ‘continuare’ per sottolineare che noi oggi ci troviamo sulla scia di una lunga tradizione e già molti altri compositori, nei secoli passati, hanno tratto ispirazione dalle pagine del sommo poeta e si sono voluti cimentare nel rendergli omaggio. In questo articolo vorrei presentare al lettore un breve resoconto sulla ricezione artistica della Divina Commedia nella storia della musica.
È il 1562 quando Giovanni Battista Montanari pubblica nel suo Primo Libro delle Muse a tre voci il primo madrigale composto su versi della Commedia ed è da qui che inizia il nostro itinerario musicale. Di lì a poco, un nome assai più conosciuto volle intonare i versi del canto del Conte Ugolino (Inf. XXXIII) nello stile del ‘recitar cantando’: si tratta di Vincenzo Galilei, padre di Galileo, musicista e componente della Camerata fiorentina luogo nel quale, non molto dopo, sarebbe stato teorizzato il melodramma. Anche se non c’è rimasta documentazione di quest’ultimo brano, è proprio con il Galilei che è scaturito l’interesse da parte dei madrigalisti per Dante e, in particolare, per la cantica dell’Inferno e per la descrizione del suo ambiente sonoro. Tra gli altri madrigalisti, possiamo citare nomi meno noti come quello di Giulio Renaldi, Giovanni Battista Mosto, Domenico Micheli, Pietro Vinci e altri più noti come quello di Luca Marenzio e Luzzasco Luzzaschi. Il genio del teatro musicale, Claudio Monteverdi, sentì il bisogno di richiamare i versi di Dante nel suo Orfeo dove, anche lì come nella Commedia, il protagonista compie un viaggio nell’aldilà e, trovatosi di fronte alle porte del regno dei morti, legge quelle stesse parole del terzo canto: “Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate” (Inf. III, 9).
Il razionalismo prima e il classicismo poi faranno dimenticare per un certo tempo le opere di Dante fino al 1770 circa quando, in concomitanza con il movimento dello Sturm und Drang, rinasce a livello europeo l’interesse culturale per il poeta fiorentino. In ambito musicale italiano, è il direttore del Real Collegio di Musica di Napoli, Nicola Zingarelli, che nel 1805 compone una cantata sui versi del Conte Ugolino; quest’ultimo è l’episodio preferito dai compositori dell’epoca proprio perché descrive un personaggio a forti tinte che si adatta bene alla nuova temperie artistica. In un secondo momento, entrerà tra le loro preferenze anche la tragica storia d’amore di Paolo e Francesca (Inf. V).
Bisogna pur aggiungere che alla base di questo nascente dantismo romantico stava il sentimento risorgimentale di quegli intellettuali, scrittori e pensatori, che vedevano in Dante l’emblema dell’italianità. Per Ugo Foscolo, ad esempio, Dante era «più che il poeta o il creatore della Lingua, il grande cittadino, il pensatore profondo, il Vate religioso, il profeta della Nazione, dell’Italia» (Moto letterario in Italia, 1837).
Tralasciando svariati nomi di compositori minori, mi limiterò qui a menzionare quelli più illustri. Nel 1826 Gaetano Donizetti compone un grande monologo narrativo per baritono e pianoforte intitolato Il Conte Ugolino e, una decina di anni dopo, scrive un’opera lirica ispirata ai versi della Pia de’ Tolomei (Inf. V). Gioacchino Rossini, invece, dimostra molto sommessamente la sua stima nei confronti del sommo poeta affidando nel III atto del suo Otello le parole di Francesca, “nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria” (Inf. V, 121-123), al canto lontano di un gondoliere che attraversa la laguna di Venezia. In seguito, nel periodo dei Péchés de vieillesse, Rossini compone un’arietta per voce e pianoforte in 3/8 sempre sui versi del canto di Francesca per Lord William Warren Vernon, un dantista inglese corrispondente della fiorentina Accademia della Crusca. Si annoverano poi il Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, la Sinfonia Dante di Giovanni Pacini, fino ad arrivare alle Laudi alla Vergine Maria composte dal settantasettenne Giuseppe Verdi sulle stesse parole della preghiera di San Bernardo di Chiaravalle recitata nel XXXIII canto del Paradiso.
Tra le testimonianze musicali europee è doveroso ricordare la Eine Symphonie zu Dantes composta da Franz Liszt nel 1857 e dedicata a colui che considerava come il suo Virgilio, Richard Wagner; spostandoci invece in Russia, rammentiamo la fantasia per orchestra in mi minore Francesca da Rimini di Pëtr Il’ič Čajkovskij del 1876 e l’opera in un atto intitolata – ancora – Francesca da Rimini di Sergej Rachmaninov, composta nei primi anni del Novecento.
Entriamo così nel XX secolo, contrassegnato da molteplici esperienze musicali a tema dantesco – e non solo attinenti alla Divina Commedia – di cui qui non potrò dare un catalogo esaustivo. Vorrei ricordare al lettore l’opera lirica Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai del 1914 su libretto dall’omonima tragedia scritta da Gabriele D’Annunzio per la sua musa ispiratrice, Eleonora Duse. Alla prima esecuzione il pubblico accorse più per la fama del poeta che per quella del compositore e l’opera rimase comunque di rara esecuzione.
I celeberrimi versi dell’VIII canto del Purgatorio – Era già l’ora che volge il desìo / Ai naviganti e intenerisce il core / Lo dì che han detto ai dolci amici addìo / E che lo novo peregrin d’amore / Punge, s’ode squilla di lontano / Che paia il giorno pianger che si muore – ispirarono, nel 1921, al compositore fiorentino Mario Castelnuovo-Tedesco una lirica per voce e pianoforte intitolata Sera mentre Arrigo Boito volle adattare gli stessi versi alle note dell’Abendlied op. 85 n. 12 per pianoforte a quattro mani di Schumann.
Famosa è rimasta la lectura Dantis di Carmelo Bene dalla Torre degli Asinelli a Bologna nel 1981, per la quale in seguito il compositore siciliano Salvatore Sciarrino elaborò dodici minuti di frammenti musicali registrati su nastro, anteposti a ogni episodio della lettura. Dello stesso compositore sono la musica elettronica La voce dell’Inferno (1981) per un programma radiofonico della Rai e Sui poemi concentrici per soli e orchestra del 1988, scritti originariamente per una serie televisiva dedicata alla lettura integrale della Divina Commedia.
Fra le composizioni di autori stranieri vorrei citare, tra le altre, A riveder le stelle (1974) per coro a cappella dello svedese Ingvar Lidholm, Il nome del bel fiore (1998) per più voci della compositrice americana Joanne Metcalf e Beatrice (1997), un ciclo di cinque sinfonie corali a tema dantesco del russo Boris Tiščenko.
Nello spirito dell’inesauribile capacità ispiratrice dell’opera di Dante Alighieri nei confronti del mondo musicale si vuole inserire questo concorso di composizione sinfonica, alla cui premiazione finale vi invito con piacere a partecipare.
Articolo di Felicita Pacini
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