Prospettive: Francesca Bonaita e a Filharmonie
di Marco Gallenga
Prossimo appuntamento: 12 febbraio
Sfuma il turchino in un azzurro tutto
stelle. Io siedo alla finestra, e guardo.
Guardo e ascolto; però che in questo è tutta
la mia forza: guardare ed ascoltare.
L’incipit della poesia Meditazione di Umberto Saba racchiude, con sintesi e potenza, il principio che abbiamo sentito di seguire appellando la rassegna del 2022 dell’orchestra giovanile La Filharmonie con il termine Prospettive. Un prisma dai molteplici aspetti, uno scostamento dal mero atto del vedere e del sentire, per spostarsi verso il gesto profondo del guardare e dell’ascoltare. Il concerto, dunque, non solo come evento culturale o sociale, ma anche come esperienza visiva e di ascolto che ci pone in connessione con la natura profonda del nostro essere; un processo anticonvenzionale di conoscenza, attraverso quel linguaggio intraducibile che esprime l’in(de)finito, per usare un’espressione cara a Dahlhaus riguardo la musica strumentale.
L’intervista a Francesca Bonaita nasce da questa condivisione di prospettiva.
Martedì 8 febbraio 2022 al Cinema La Compagnia la giovane solista eseguirà il Concerto per violino op. 14 di Barber, e si presenta al pubblico della Filharmonie con un’intervista che trascende la semplice forma dialogica, esprimendo tutta la passione, la cultura e gli interessi poliedrici che sorprendono in un’artista così giovane.
(FB: Francesca Bonaita – MG: Marco Gallenga)
FB: “Ho con Firenze un legame forte, avendo grande passione per la storia dell’arte e per il Rinascimento. Sono felice di poter tornare nella vostra città e di partecipare a un progetto che si appella alla condivisione e alla poliedricità. Il concerto di Barber è conosciuto, ma non molto eseguito, ed è una scelta di grande impatto sul pubblico. È una perla del ‘900 americano, ed è particolare anche per la stesura difficoltosa data dal rapporto complesso tra Barber e il committente. La prima parte è stata composta in Svizzera, paese in cui ho studiato con Krylov nel 2018 e nel 2022 ho fatto un secondo master. Si sente la dimensione bucolica e onirica, forse ispirata proprio dal paesaggio, che porta al finale frenetico, in netto contrasto con l’orchestra. Rispetto ai concerti della tradizione non c’è una bella e cospicua introduzione orchestrale, inizia in medias res. Pur essendo lontano dalle avanguardie contemporanee, Barber si toglie qualche sfizio con armonie irrisolte. È un concerto di grande charme.
MG: Da strumentista, come “leggi” il concerto di Barber?
FB: È un grande piacere e una grande sfida. Ci sono molti violinisti che accostano il violino a una dimensione circense, dimensione connaturata allo strumento, mentre questa è un’occasione per lavorare nella direzione della qualità del suono. Vero virtuosismo non come velocità, ma ricerca del vibrato continuo, flusso di suono denso. Mi rispecchia molto questo concerto: ognuno suona per come è, e io inglobo molto altro, mi arricchisco di stimoli esterni. Sento la musica come incontro, come dialogo e scambio con le altre arti. È un’occasione per mostrare la mia interiorità e le mie emozioni. Sono soddisfatta quando il pubblico ti saluta, mostra calore, si emoziona. Credo sia il fine ultimo di ogni artista.
MG: Perché proprio il violino?
FB: Ho iniziato a 6 anni. Il primo incontro con il violino va però anticipato a qualche anno prima. Mia mamma mi portò a sentire un concerto dell’Orchestra Verdi a 4 o 5 anni e la fila dei violini, ondeggianti, mi ha colpito anche per la sua componente coreografica. Inoltre la forma dello strumento, del ricciolo, mi ha colpito evocando l’armonia di un capitello ionico. Le due effe, lettera iniziale del mio nome e la voce, affascinante in tutti i registri. Il timbro che si avvicina alla voce umana e il suono, mi è entrato dentro e mi ha smosso. Mia madre, pianista, ha lasciato decantare la mia pulsione del momento, ma non era un’inclinazione estemporanea.
MG: Che violino suoni?
FB: Suono uno strumento francese di metà ‘800. Il mio violino è come me! Sono entrata in consonanza fin da subito, rispecchia le mie caratteristiche: dolce, ma non privo di carattere. Con uno strumento antico si entra in contatto anche con chi l’ha suonato prima di noi, ha un’anima vibrante che va compenetrata. Vedo una sorta di musica da camera in tutto: tra me e lo strumento, tra me l’orchestra. Uno scambio che rende la musica viva e appetibile al pubblico.
MG: A proposito di pubblico: come pensi si possa attrarre i giovani verso la musica classica?
FB: Io parlo da giovane (non ho ancora compiuto 25 anni) e lancio un appello: non bisogna lasciarsi impaurire dal linguaggio della musica classica, apparentemente difficile, ma viverla come un’esperienza umana ed emotiva molto forte. È un’esperienza molto intensa e “rock”, può trascinare le folle. I giovani sono curiosi, bisogna sollecitare questa curiosità. Quando c’è offerta si sviluppa la risposta, quindi bisogna sostenere logiche economiche che implementino i concerti e l’educazione musicale. Ci sono piccole realtà che attirano il pubblico giovanile ed ho vissuto situazioni in cui la musica ha fatto breccia nei ragazzi, come a Caserta, dove a fine concerto ho fatto dei selfie con loro. Inoltre si deve dare spazio a giovani artisti, non mostrando il mondo della musica classica solo come blasonato e autoreferenziale. Anche i social sono un mezzo utile: mostrare la vita di un musicista può incuriosire e avvicinare i giovani, come una finestra di contatto che oltre al solista mostra la persona. Immagini di impatto del backstage, il fascino del retroscena: conciliare i due mondi aiuta a smontare la torre d’avorio della figura del solista classico.
MG: Ho letto la tua biografia (sul sito https://francescabonaita.com): hai molti interessi, molte passioni oltre alla musica.
FB: Ho una grande esigenza personale di studio, mi interessano l’arte, la danza, la letteratura. Mi ritengo fortunata perché sono cresciuta in una famiglia che mi ha fornito ricchi stimoli per trovare la mia passione. È una caratteristica della mia natura: il violino è il primo motore della mia vita, però non avrei mai pensato che sarebbe stata la mia strada. Ho una grande passione per la danza classica, e mi sono iscritta al liceo classico perché ho una grande fascinazione per l’arte greca, per l’ellenismo. Ho avuto anche l’idea di avviare studi in ambito archeologico!
Tante passioni, su cui il violino ha straripato. Perché la musica sia viva ci vuole un vissuto esperienziale ricco, di teatro, di cinema, di letteratura. Ho fatto scelte non consuete, dedicandomi a passioni letterarie e artistiche che sono confluite nel mio percorso artistico.
Articolo di Marco Gallenga
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