UNA PAROLA PER MILLE MUSICHE

La parola di giugno: VIAGGIO

Prossimo appuntamento: sabato 31 luglio

In questo articolo, pubblicato nel pieno dell’estate, vorrei presentare alcune composizioni legate ai luoghi più tipici della stagione calda, quali sono il mare e la campagna. Immaginate allora di contemplare davanti a una finestra un magnifico panorama boscoso oppure di accomodarvi su una sdraio in riva al mare e fermatevi a leggere queste poche righe e, soprattutto, ad ascoltare come alcuni compositori del passato, anche recente, abbiano saputo esprimere e rielaborare, attraverso il linguaggio musicale, le proprie emozioni vissute al cospetto di quelle stesse bellezze naturalistiche. 

 

Molte sono le opere musicali intrecciate in vario modo col tema dell’acqua: si tratti dell’immagine sonora dello scorrere di un ruscello di bosco – che nel caso del lied schubertiano Des Baches Wiegenlied assume i connotati di una particolare ninna-nanna –, della rievocazione di un aquarium come nel Carnevale di Saint-Saëns o ancora della descrizione di un mare in tempesta come, ad esempio, l’inizio dell’Otello di Verdi. Qui vorrei però soffermarmi sull’ambiente marino che ha da sempre affascinato l’artista per la potenza dei suoi flutti, per la misteriosa profondità dei suoi abissi, per la sua immensa vastità. 

Anche la sensibilità artistica di Claude Debussy (1862-1918) rimase attratta dal fascino del mare ed egli, nel 1905, decise di tratteggiarne i ricordi in quell’opera che prese poi il nome di La mer. È significativo ricordare che Debussy ne iniziò la composizione in Borgogna, in una regione della Francia lontana dal mare, e ciò mostra la volontà dell’autore non di descrivere realisticamente il paesaggio marino ma di restituirne in musica le impressioni che esso precedentemente aveva suscitato nel suo animo. Al debutto dell’opera, il 15 ottobre 1905 a Parigi, la critica emise giudizi contrastanti in merito al suo valore ed è sintomo di come l’opera costituisse una novità difficilmente inquadrabile. La mer è strutturata in tre pannelli sonori che Debussy chiama “tre schizzi sinfonici”: De l’aube à midi sur la mer, Jeux de vagues e Dialogues du vent et de la mer. Una suddivisione che potrebbe ricordare la struttura di una sinfonia nei diversi tempi: allegro, scherzo e finale. 

Le tre visioni marine, pur nella loro particolarità, sono legate l’un l’altra: il tema melodico principale, eseguito dalle trombe in sordina e dal corno inglese, ritorna sino al finale. Il motivo delle viole che evoca l’immensità delle acque oceaniche riemerge, anch’esso, nella parte finale dell’opera. Il primo schizzo comincia, in corrispondenza con il sorgere dell’alba, con una progressione armonica che risolve con l’entrata degli ottoni nell’ultima sezione: si evoca così la luce abbagliante del mezzogiorno che infuoca l’immensa distesa oceanica. La sezione centrale, Jeux de vagues, come l’intero testo musicale, non si sottopone facilmente a una rigida e formale analisi strutturale. Qui ritroviamo il tema ciclico delle sole trombe, il ben noto motivo dei violoncelli che apre la seconda parte dove appare di nuovo il tema delle trombe che passa poi ai fagotti e si conclude con una coda della fanfara di ottoni. In questo schizzo abbiamo l’impressione di una meravigliosa nebulosa sonora che può evocare sia l’infrangersi delle onde contro le rocce sia il loro placido e disteso approdo alla sabbia del lido. Il Dialogue du vent et de la mer ha un carattere tumultuoso, i violoncelli e i contrabbassi accerchiano con forza l’ascoltatore e gli ottoni rispondono con una dolente melodia che si sviluppa in un lungo tempo. Ancora una volta sulla tempesta aleggia il motivo ciclico esposto dalle trombe finché la tempesta non si acquieta in ampie sonorità che trovano un contrappunto nel rombo delle percussioni. 

 

 

Vogliamo soffermarci adesso, con Benjamin Britten (1913-1976), su sonorità marine diverse. È il mare del Nord, che non ha la luminosità mediterranea e abbagliante de La mer di Debussy, il gelido e tempestoso mare dell’East Anglia dove Britten trascorse quasi tutta la vita nella cittadina costiera di Aldeburgh. I quattro Sea Interludes sono estratti dall’opera lirica Peter Grimes (rappresentata per la prima volta nel 1945), dove si narra l’oscura vicenda di un marinaio, appunto Peter Grimes, accusato di avere ucciso i suoi mozzi. Il mare è presente nell’ opera come un personaggio malvagio con una propria vita, indifferente alla sorte degli uomini. La bellezza romantica e aspra del mare dell’East Anglia viene evocata da Britten con espressioni timbriche che possono richiamare talvolta proprio l’impressionismo di Debussy.

I brevi brani sinfonici vogliono rappresentare l’“Alba” (Dawn), la “Domenica mattina” (Sunday Morning), il “Chiaro di luna” (Moonlight) e la “Tempesta” (Storm). L’“Alba” si apre con una melodia affidata ai fiati e ai violini che evoca la tersa atmosfera della mattina. Clarinetti e arpa, archi, fagotti e ottoni esprimono con le loro sonorità le profondità marine. La “Domenica mattina” evoca, attraverso il suono degli archi, il contrasto tra l’atmosfera idilliaca della mattinata domenicale e la sofferenza del protagonista Peter Grimes espressa dal rintocco di una campana in lontananza. Il “Chiaro di luna”, questa musica notturna, cita quasi letteralmente l’opera espressionista di Alban Berg Wozzeck nell’episodio in cui il protagonista sprofonda in uno stagno: nello stesso modo la barca di Peter Grimes s’inabissa. L’episodio presenta anche una marcia funebre che può ricordare lo stile di Haendel. La “Tempesta” finale è l’interludio dalla struttura musicale più articolata dove l’Autore vuole esprimere la lotta dell’uomo con il mare e si conclude con una superficie sonora “inespressiva” che si risolve con accordi fragorosi, quasi a significare la una rabbia feroce, ma impotente, dell’uomo contro il mare.

Benjamin Britten

Con il poema sinfonico Dai prati e dai boschi di Boemia di Bedrich Smetana (1824-1884) lasciamo la bellezza cupa e romantica del mare britannico per inoltrarci nella luminosa campagna della terra di Boemia. Questo poema fa parte dell’opera Ma vlast, “la mia patria”, strutturata in sei poemi sinfonici composti tra 1874 e 1879. Ognuno di essi contribuisce a evocare musicalmente un aspetto della terra boema, Castello alto, la Moldava che è il più universalmente noto, Sarka, Dai prati e dai boschi di Boemia, di cui ci occupiamo, Tabor, Blanik. A Smetana si deve riconosce, grazie a questa opera sinfonica soprattutto, l’impegno personale speso nella valorizzazione della cultura musicale ceca, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “padre della musica ceca”. 

   Il poema Dai prati e dai boschi di Boemia, composto nel 1875, si struttura in quattro movimenti dei quali lasciamo che ne parli, con afflato poetico, Smetana stesso, quasi come se ci invitasse all’ascolto:  

In una bella giornata d’estate siamo nei campi fioriti della Boemia che con l’amabile profumo dei fiori e le fresche brezze ci colmano d’ispirazione. Nella profusione della natura risuona la nota naturalmente gioiosa della campagna appagata. Lontano dal tumultuoso trambusto dell’umanità, siamo condotti in un ombroso, quieto boschetto. Sospinto dalla leggera brezza, il sussurro delle foglie e dei rami giunge sempre più lontano e più forte, finché l’intero bosco risuona di echi, che si uniscono al cinguettante canto degli uccelli in un’infinita armonia. In questo inno alla natura, l’estatico suono dei corni risuona da lontano. Una forte raffica di vento interrompe questa pace solenne e porta alle nostre orecchie le melodie festose di una festa di campagna. Ci avviciniamo e ci troviamo nel mezzo di una vivace festa di contadini, che si divertono con musica e danze e sono felici d’essere vivi. Questa gioia di vivere risuona nei canti popolari ovunque in Boemia.

Articolo di Felicita Pacini

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