Andiamo a teatro ad ascoltare … tre Novelle dal Marcovaldo!
di Felicita Pacini
Prossimo appuntamento: 26 marzo
Lo spettacolo
Dopo la prima edizione trasmessa in streaming sulla pagina di piùCompagnia su Mymovies, il 20 marzo alle ore 16:30 presso il Teatro Cantiere Florida di Firenze arriverà la seconda edizione, questa volta dal vivo, delle Novelle di Marcovaldo per grandi e piccini.
La lettura musicale, nata dall’incontro di teatro e musica, è tratta dal Marcovaldo di Italo Calvino, una raccolta di novelle piena di avventure. Le musiche originali, composte da Francesco Sottile, verranno eseguite dall’Ensamble Filharmonie sotto la direzione di Nima Kesharvazi, con la regia di Alessia De Rosa e la voce narrante di Andrea Bruni.
Lo spettacolo si inserisce all’interno della rassegna Prospettive ideata dall’orchestra La Filharmonie e volta a dare spazio a giovani interpreti e compositori emergenti. In questa rassegna – e lo spettacolo che stiamo presentando ne è un esempio – trovano spazio i tre aspetti verso i quali l’associazione vuole volgere la sua attenzione: la multidisciplinarietà della musica in relazione con le altre arti, il repertorio tradizionale e la musica contemporanea.
Nei due giorni seguenti allo spettacolo, in orario mattutino, l’evento sarà riservato alle scuole (per alunni dagli 8 agli 11 anni) che si sono prenotate attraverso il sito de Le chiavi della città.
Questa lettura musicale vuole essere anche il primo di altri appuntamenti che saranno organizzati per celebrare il centenario dalla nascita di Calvino nel 2023.
L’autore delle novelle
Italo Calvino nacque nel 1923 a Cuba da genitori italiani che si erano trasferiti per lavorare nel campo dell’agronomia. Rientrato all’età di 3 anni in Italia, a Sanremo dove la famiglia svolgeva un’attività di floricoltura, ricevette una formazione di carattere scientifico e laico e iniziò lo studio universitario di Agraria, che abbandonò quasi subito. Fu antifascista e partecipò in prima persona alla Resistenza come partigiano. In seguito però si dedicò agli studi umanistici e frequentò la facoltà di Lettere a Torino. Cominciò a scrivere racconti, a collaborare con riviste letterarie e con la Casa Editrice Einaudi. È stato uno dei narratori italiani di spicco della seconda metà del ‘900 e un intellettuale impegnato in ambito politico e civile. Solo per citare alcuni titoli della sua cospicua opera narrativa si ricordano Fiabe italiane, Il barone rampante, Il sentiero dei nidi di ragno, Il visconte dimezzato.
Passerà da un neorealismo iniziale, ma sui generis e “dal basso”, per entrare in quella poetica che gli è propria, squisitamente originale, fiabesca e allegorica, per quanto dotata di uno sguardo aperto e attento sulla realtà. Continua la sua lunga stagione di scrittore impegnato fin quando, nel 1985, venne invitato a tenere una serie di conferenze ad Harvard e cominciò a lavorare alle sue lezioni (le postume lezioni americane), ma, colto da malore, morì pochi giorni più tardi a Siena.
Marcovaldo ovvero Le stagioni in città
Marcovaldo, di origini contadine, (ma più bucoliche che contadine!) è un semplice manovale che lavora alla ditta SBAV. Arrivato con la sua famiglia in città, egli vive un insormontabile scontro tra l’ambiente che lascia, così legato ai ritmi della natura e delle stagioni che scorrono, e il traffico della metropoli a cui non riesce ad arrendersi. Il “disadattamento” suscita rocambolesche avventure. L’ingenuità candida del protagonista è un convincente baluardo alla vita artificiale che, quanto meno nelle metropoli, è riuscita a stravolgere la natura e quindi la realtà quotidiana.
Per quanto l’opera calviniana risalga al 1963, il racconto mostra ancora oggi la sua capacità di sensibilizzare, e non solo i più piccoli, agli eccessi consumistici delle metropoli e all’attenzione alla cura dell’ambiente, tema soprattutto oggi improcrastinabile.
Qui di seguito vi riporto in sintesi una delle tre novelle che potrete ascoltare durante lo spettacolo, sperando di suscitare in voi la curiosità anche per le altre …
Funghi in città (primavera)
Solo Marcovaldo si accorge che presso la fermata dell’autobus sono nati dei funghi da spore arrivate chissà da dove. Il nostro manovale non ha occhio per vedere segnali, semafori e cose simili cittadine ma «una foglia ingiallita o un tafano sul dorso di un cavallo» proprio non gli sfuggono. Marcovaldo le osserva – queste cose leggere – anzi le contempla, ne ragiona e ne fa chiavi per aprire persino il senso della sua esistenza.
Davanti a quei piccoli funghi, «a Marcovaldo parve che il mondo grigio e misero che lo circondava diventasse tutt’a un tratto generoso di ricchezze nascoste, e che dalla vita ci si potesse ancora aspettare qualcosa, oltre la paga oraria del salario contrattuale, la contingenza, gli assegni familiari e il caropane». In perfetta sintonia con il ritmo della terra quel giorno stesso durante il lavoro Marcovaldo «pensava che mentre lui era lì a scaricare pacchi e casse, nel buio della terra i funghi silenziosi, lenti, conosciuti solo da lui, maturavano la polpa porosa». Basta questo a renderlo felice e a fargli pregustare l’idea di un buon fritto di lì a qualche giorno. In poco tempo i funghi crescono e diventano oggetto di desiderio anche dello spazzino Amadigi e, dopo un po’, in piena condivisione, allettano il gusto di tanti passanti. Dopo una gioia condivisa alla raccolta, a ognuno il suo fritto. Ma, di nuovo, tutti insieme, e soprattutto Marcovaldo e Amadigi, si trovano all’ospedale: i funghi di città erano velenosi!
Articolo di Felicita Pacini
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